Fino a qualche tempo fa, per restituire l’immagine dell’equilibrio all’interno di un’azienda, subito si pensava a una piramide con una base ben solida, al cui apice fosse collocato un centro di comando capace di garantire continuità e stabilità. Negli ultimi tempi – con gli ultimi due anni che hanno ancor di più accelerato il processo in atto – questa immagine è diventata inesorabilmente antiquata, simbolo di un immobilismo votato al fallimento e ritratto solo caricaturale della moderna organizzazione aziendale.
Il cambiamento è infatti diventato una costante, come preconizzato già diversi anni fa con l’introduzione del concetto di “contesto V.U.C.A.” – nel quale le quattro lettere stanno per volatilità, incertezza, complessità e ambiguità – e non saper adattare la propria strategia organizzativa alla nuova realtà può significare perdere in termini di competitività, attrattività e produttività. Sostanzialmente, mettere a rischio l’esistenza stessa dell’azienda.
Quello che sta emergendo con una certa chiarezza è che, nell’implementare una strategia organizzativa efficace, non si possano non tenere presenti tutti quegli elementi fondamentali che rappresentano un valore aggiunto nel momento storico attuale. Ci stiamo riferendo certamente a quelli che si basano sulla raccolta dei dati e sull’analisi degli stessi, ma non solo. C’è infatti un’area, spesso ancora poco esplorata, caratterizzata da variabili meno conosciute e meno misurabili, che afferisce alla sfera motivazionale e del coinvolgimento dei collaboratori, mai come in questa fase divenuta centrale per la buona organizzazione dei team di lavoro. Come ripensare le strategie organizzative coinvolgendo anche questi “nuovi” elementi nel discorso?
Volgendo lo sguardo a Oriente, esiste già chi, come ad esempio Kazuo Inamori, fondatore di Kyocera nel 1959 e presidente della Japan Airlines, ha allargato il concetto di cultura organizzativa fino ad arrivare a comprendervi quella che potrebbe definirsi “anima aziendale”. La sua considerazione dell’azienda – corpo unico composto dall’insieme degli esseri umani che ne fanno parte – è infatti quella di un individuo virtuoso, che si sforza di agire nel modo giusto e di lavorare duro, nell’ottica di un continuo miglioramento. La strategia ideale, proseguendo in questa visione metaforica, non può che essere quella che concilia la tensione dell’anima alla razionalità del cervello, che ovviamente è la parte che si occupa di analizzare i dati e di interpretarli nella maniera più corretta. La sinergia tra i due livelli sarebbe capace di produrre i migliori risultati nell’ambito di contesti di difficile lettura come quello odierno.
Ikujiro Nonaka, professore emerito alla Hitotsubashi University, e Hirotaka Takeuchi, professore di Management Practice alla Harvard Business School, hanno provato a sintetizzare in sei pratiche quotidiane questo tentativo di elevare la strategia oltre la singola raccolta e analisi dei dati. Un esercizio che può rivelarsi ricco di spunti anche per la ridefinizione del concetto di leadership qui in Occidente.
Nessun approccio o campo di studio singolo potrà dare le giuste risposte alla crescente complessità del mondo che stiamo vivendo. È necessario, nella ricerca della risoluzione dei problemi, mettere in campo tutte le diverse capacità per risolvere questioni che oramai inevitabilmente coinvolgono più settori.
Nessuno può sentirsi arrivato. Il rapido tasso di cambiamento che caratterizza la modernità, guidato in gran parte dal progresso tecnologico, richiede che i leader e le organizzazioni anticipino e si adattino alle nuove circostanze a un ritmo senza precedenti nella storia umana.
La società occidentale, tracciando confini netti tra mente e corpo, umanità e natura, ha finito per distinguere la conoscenza in due categorie: quella esplicita, che può essere articolata e condivisa, e quella acquisita con l’esperienza, più tacita e intuitiva, spesso privilegiando la prima. La tradizione orientale invece pone l’accento sulla complementarità dei due mondi, ponendo semmai l’accento più sulla seconda delle categorie.
Alla base della connessione con gli altri c’è l’empatia con loro. Di fronte alle crisi moderne, i leader aziendali dovrebbero conoscere e utilizzare questa qualità unica che abbiamo come esseri umani. Per entrare in empatia a un livello profondo, è necessario sviluppare una intima comprensione del punto di vista degli altri.
I leader aziendali efficaci comprendono il potere dell’uso delle storie per comunicare l’essenza delle loro convinzioni e ideali, e per aiutare l’organizzazione a interiorizzare la strategia. Sapersi destreggiare a livello comunicativo è una delle capacità imprescindibili del leader moderno.
Se il confine tra umanità e natura viene superato in nome della complementarità, ecco che non curarsi dei danni causati dall’industrializzazione all’ambiente circostante diventa un insuperabile controsenso. Oggi dalle nostre parti si tende ad abusare del termine sostenibilità in ogni contesto senza averne bene compreso la portata, come fosse un ornamento del discorso al pari dell’altrettanto abusata resilienza. Calare concetti come questi nella realtà di tutti i giorni sarà una delle sfide più impattanti per la modernità, e metterà alla prova i leader di oggi e domani. Il ritorno, a quanto pare, sarà poco filosofico e molto tangibile.
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