L’intreccio tra reale e virtuale, il costante rapporto con la tecnologia, lo sviluppo continuo dell’intelligenza artificiale e le sue applicazioni sono ormai parte integrante della vita di tutti i giorni, privata o lavorativa essa sia. Basti pensare che al giorno d’oggi anche la persona che sta scrivendo queste righe potrebbe essere rimpiazzata da un software capace di farlo in (quasi, per fortuna…) totale autonomia, o che molto presto ci troveremo a fare i conti con la convergenza digitale rappresentata dal Metaverso e dalla condivisione della realtà virtuale attraverso la rete, per rendersi conto di quanti progressi siano stati fatti negli ultimi tempi e quale sia ormai la direzione chiaramente tracciata.
Si tratta di progressi che hanno interessato tutti i campi, compreso come ovvio quello delle Risorse Umane in azienda. Se la raccolta e l’analisi dei dati ha assunto una valenza fondamentale nei processi decisionali, allo stesso modo l’intelligenza artificiale si sta imponendo per quel che riguarda i processi di ricerca e selezione del personale, e la comunicazione aziendale – sul fronte interno e su quello esterno – si è arricchita di nuove modalità capaci di azzerare le distanze fisiche. Anche sul fronte dei processi formativi le novità tecnologiche non mancano, e si stanno sempre più consolidando nella pratica. Sistemi che si fanno forti del fatto di risultare fruibili in maniera asincrona e personalizzata, offrendo per di più un pieno coinvolgimento alle persone che devono essere formate.
Il mercato della formazione attraverso realtà virtuale e aumentata ha infatti ottime prospettive di crescita, come dimostrano i marchi (soprattutto più grandi al momento) che già hanno cominciato ad apprezzarne l’utilizzo. Si ipotizza che questa modalità sarà presto considerata “normale” e integrata nella vita aziendale di tutti i giorni, anche grazie al contenimento di costi che per adesso non sono ancora alla portata di tutti.
Ma a cosa ci si riferisce esattamente quando si parla di realtà virtuale e aumentata?
Nel primo caso l’ambiente viene del tutto ricreato, nel secondo vi è un’integrazione di informazioni digitali alla realtà percepita.
Entrambe le modalità sono già utilizzate con profitto in ambito formativo. Un grande marchio come Wallmart, tra i primi a puntare sulla formazione mediante VR, già qualche anno fa sottolineava giustamente come: “La cosa grandiosa della realtà virtuale è la sua capacità di rendere l’apprendimento esperienziale” – sono parole di Andy Trainor, direttore delle Walmart US Academies – “Il tuo cervello ha la sensazione che tu abbia effettivamente vissuto una situazione. Abbiamo anche visto che l’allenamento VR aumenta la fiducia e la fidelizzazione”.
Questa è forse la principale differenza con i metodi formativi tradizionali: potersi immergere in maniera totalmente coinvolgente in una realtà, vivere l’esperienza come fosse reale e mettere in pratica gli insegnamenti ricevuti nella totale sicurezza di un ambiente virtuale. Niente a che vedere insomma con fogli di carta e lezioni frontali, con video statici da guardare o manuali tecnici da consultare. Si tratta di vero e proprio apprendimento esperienziale, con il soggetto che è l’attivo protagonista della situazione nella quale si trova immerso.
Fare formazione mediante VR per allenare le soft skills del personale o in settori nei quali l’apprendimento sul campo può rappresentare un rischio per la sicurezza – come nel caso dell’edilizia, tanto per fare un esempio – offre la possibilità di esercitarsi a richiesta in qualsiasi momento e di ripetere gli esercizi tutte le volte che si voglia, così come la formazione mediante AR si è rivelata strategica in campi tecnici come quello della chirurgia, ma anche per l’addestramento degli operai che devono destreggiarsi con macchinari nuovi e di uso complesso.
Al giorno d’oggi, con la diffusione negli uffici delle modalità ibride del lavoro, utilizzare la formazione “virtuale” per assicurare a tutto il personale lo stesso livello di formazione in ingresso, e per curare la formazione continua in particolare di quelle che vengono definite soft skill – di importanza fondamentale sia per aumentare il coinvolgimento interno dei team che per definire gli standard nelle relazioni con la clientela – inizia ad essere più di un’idea. Due degli elementi che con ogni probabilità sposteranno l’attuale equilibrio verso una diffusione più massiva di queste modalità formative saranno da un lato l’aumento della conoscenza da parte dei leader aziendali delle potenzialità di questi sistemi, che come sempre accade per risultare davvero efficaci devono presupporre un massiccio intervento umano in fase di pianificazione, e dall’altro certamente l’abbassamento dei costi, che al momento sono sostenibili per aziende di una certa dimensione e proibitivi per altre. Presto, mediante quel processo che si definisce democratizzazione della tecnologia, risulteranno più accessibili, e a quel punto l’intreccio tra virtuale e reale anche in ambito formativo smetterà di essere un affare di nicchia.
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