L’Onboarding aziendale è quel processo formativo e informativo che mira a integrare i nuovi assunti all’interno della realtà aziendale, attraverso un percorso più o meno strutturato nel corso del quale i dipendenti sono aiutati a comprendere il loro ruolo nell’organizzazione, a socializzare con i team di lavoro e a venire in contatto con i principi fondanti della cultura aziendale. Può essere utile scorrere i dati di alcune recenti statistiche per comprendere quanto sia importante strutturare il percorso per bene e quali ricadute positive la standardizzazione di esso possa avere sui nuovi dipendenti e sull’organizzazione aziendale.
Partendo con le note dolenti, secondo una ricerca Gallup solo il 12% dei dipendenti statunitensi afferma che la propria azienda stia svolgendo un buon lavoro in fase di onboarding, mentre stando a un report di OC Tanner meno della metà (43%) dei lavoratori interpellati ha riportato un’esperienza di onboarding che è andata oltre la semplice giornata di orientamento, condita da una carrellata illustrativa dei benefit aziendali.
Eppure, non mancano dati e analisi che ne testimoniano l’importanza centrale. Uno studio condotto da Bamboo HR ha rilevato che quando un dipendente ritiene di aver avuto un’esperienza di onboarding efficace, è 18 volte più probabile che aumenti di conseguenza il suo impegno per l’azienda per cui lavora. E ancora, una ricerca di Talmundo & Vlerick Business School conferma come 8 dipendenti su 10 abbiano maturato un atteggiamento positivo nei confronti della leadership aziendale proprio grazie al processo di onboarding, e di conseguenza aumentato il proprio coinvolgimento sul luogo di lavoro.
Infine, e non certo in ordine di importanza, la Society for Human Resources Management (SHRM) rivela che quando le organizzazioni hanno un processo di onboarding standardizzato, i nuovi assunti sono più produttivi del 50%.
Riassumendo, un corretto processo di onboarding dovrebbe avere una durata pianificata – che non può certo essere limitata alle prime 24 ore, ma può durare dei mesi, fino all’intero primo anno – ed essere mirato ad esplicitare nel modo più chiaro possibile cosa si aspetti l’azienda dal nuovo assunto, quali siano le attitudini comportamentali e comunicative da mantenere, nonché quali siano i mezzi a disposizione del collaboratore per svolgere al meglio i propri compiti.
I vantaggi che tutto ciò comporta per l’azienda non sono complicati da mettere in evidenza: intanto, dipendenti ben integrati nei team di lavoro risulteranno più produttivi e motivati, in secondo luogo ne beneficeranno l’ambiente lavorativo e la qualità della comunicazione in azienda. Tutto ciò si rivelerà utile non solo a trattenere i talenti presenti (riducendo il turnover), ma anche per risultare attrattivi verso nuovi possibili candidati.
Consapevoli di come ogni processo di integrazione di nuovi dipendenti abbia le sue specificità, legate alle dimensioni e alla cultura organizzativa aziendale, è comunque possibile sottolineare alcuni aspetti chiave generali da non sottovalutare, quando si pianifichi la standardizzazione dell’inserimento di un nuovo assunto:
Investire le giuste risorse e strutturare un percorso coerente con la cultura aziendale avrà il suo ritorno in nuovi dipendenti più consapevoli del proprio ruolo, più produttivi e più coinvolti. People strategy e i suoi ritorni in termini di business…
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