Il sistema produttivo odierno poggia le sue basi su concetti come quello dell’efficienza, della definizione chiara di obiettivi e scadenze, del miglioramento continuo, dell’eliminazione dei “colli di bottiglia” – ovvero dei momenti di congestione del sistema – e certamente anche del controllo del livello di stress degli elementi coinvolti nella catena produttiva. Il metodo organizzativo che utilizza le Kanban Board, come avevamo visto in un precedente articolo del blog, si pone come obiettivo il raggiungimento del massimo profitto in ciascuno degli anelli di questa catena. E, a proposito di catene, sapevate che l’intuizione per la creazione del metodo proviene dall’osservazione delle tecniche di approvvigionamento dei supermercati?
Torniamo indietro al Novecento. Alla metà del secolo, nel dopoguerra in Giappone, la Toyota stava lottando per rimanere competitiva contro i suoi rivali americani e aveva bisogno di aumentare l’efficienza della sua produzione. Uno dei problemi chiave era il costo delle materie prime e degli articoli non finiti che languivano nei magazzini piuttosto che passare al processo di produzione successivo, o al cliente finale. L’intuizione dell’ingegnere industriale Taiichi Ohno fu di prendere ispirazione dai supermercati. Essi si rifornivano solo quando i clienti avevano acquistato quasi tutti gli articoli disponibili. Il tasso di domanda per qualsiasi articolo influiva direttamente sul tasso di fornitura: alcuni articoli venivano riforniti ad alta frequenza e altri quasi mai.
Ecco la base del sistema Just in Time, ovvero “produrre il tipo di pezzi che servono, per il momento in cui servono e nella quantità in cui servono”. Segnali visivi, ovvero le Kanban, erano utilizzati negli stabilimenti per attivare determinate azioni: tanto per fare un esempio, una carta in un contenitore di materie prime vuoto indicava che queste materie prime dovevano essere reintegrate. Anche qui, è la vita quotidiana a essere da spunto: i flussi di ingresso ai giardini imperiali di Tokyo, in particolare. Qui i visitatori prendevano una tessera (una kanban, per l’appunto) da un contenitore all’ingresso, per poi riconsegnarla nello stesso contenitore al momento dell’uscita. Quando le carte erano esaurite, allora il flusso dei visitatori doveva interrompersi, a testimonianza del raggiungimento del numero massimo di visitatori ammessi ai giardini. Segnali visivi, espliciti e condivisi.
Lo scopo del sistema così strutturato era chiaro: procedere ad aumentare gli utili riducendo i costi, eliminando tutto ciò che vi era di superfluo, e insieme ottimizzare i flussi, impedendo il più possibile che venissero a crearsi ingolfamenti nel percorso produttivo. Con gli Anni Duemila il metodo Kanban approda, opportunamente raffinato e adattato, nel campo dell’informatica, grazie a David J Anderson e al suo lavoro in Microsoft, per la gestione dei progetti di sviluppo dei software. Da lì in poi, la diffusione del sistema delle Kanban Board procede rapidamente fino ai giorni nostri, e quasi ogni project manager ne ha per lo meno conoscenza oggi, quando pressoché qualsiasi progetto che preveda task da completare progressivamente può utilizzarlo per migliorare la trasparenza all’interno del team, aumentando l’efficienza e la produttività.
Come per l’originale metodo Toyota, alla base di tutto c’è il controllo della qualità del lavoro, indispensabile in ogni fase del processo produttivo, che si tratti di automobili, software o qualsiasi altro prodotto. E un feedback chiaro e puntuale tra le varie fasi coinvolte facilita e incentiva il processo di miglioramento continuo.
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